Il padiglione d'oro

… è sempre un qualche meraviglioso silenzio che porge alla vita il minuscolo o enorme boato di ciò che poi diventerà inamovibile ricordo … (A. Baricco)

Picasso e la danza: “Le train bleu” e “Il cappello a tre punte” – Dalla creazione alla messa in scena: revisioni e curiosità

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Nel corso della sua lunga e straordinaria carriera artistica Picasso partecipò anche alla creazione di nove spettacoli di danza. Particolarmente significativo e originale fu il suo apporto ad alcuni titoli messi in scena fra il 1917 e il 1924 dalla compagnia dei Ballets Russes di Sergei Diaghilev.

Nato nel 1924 da un’idea di Jean Cocteau, Le train bleu, ironica rappresentazione della società alla moda del tempo, fu realizzato da un gruppo di artisti di altissimo livello. Oltre al sipario di Picasso, bisogna infatti segnalare altri contributi eccellenti: le composizioni di Darius Milhaud, la coreografia di Bronislava Nijinska, le scene di Henri Laurens e i costumi di Coco Chanel.

Il cappello a tre punte (1919), che segnò la riscoperta delle danze tradizionali spagnole, è invece una commedia ambientata nel Settecento, a cui le scene e i costumi di Picasso, la coreografia ideata da Léonide Massine e le musiche di Manuel de Falla conferirono una straordinaria modernità.

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Da Parade a Mercure

Tra il 1917 e il 1962, Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 973) partecipò alla produzione di nove balletti; tuttavia è soprattutto agli spettacoli allestiti per i Ballets Russes negli anni 1917-1924 insieme ad artisti  del calibro di Jean Cocteau, Erik Stie, Manuel de Falla, Igor Stravinsky, Darius Milhaud e Léonide Massine che ha offerto il suo più importante contributo.

I rapporti con il mondo della danza furono inaugurati con la realizzazione delle scene e dei costumi di Parade (1917), basato su un soggetto di Jean Cocteau, con musica di Eric Satie e coreografia di Léonard Massine. Era stato Diaghilev, sempre alla ricerca di effetti nuovi e sorprendenti per gli spettacoli della sua compagnia, a coinvolgere il pittore spagnolo: anticonformista per antonomasia, Picasso sembrava la risposta ideale alle sue esigenze. L’artista realizzò costumi cubisti che sembravano vere e proprie sculture. Il sipario, con uno sdoppiamento dello stile espressivo, era invece realistico e narrativo.

Fu poi la volta de Il cappello a tre punte (1919). Il sipario raffigurava un gruppo spagnolo che indugia all’arena al termine della corrida. A esso Picasso accostò una scena che, con poche linee rette e archi, componeva un paesaggio essenziale, adatto a far risaltare i vividi toni che contraddistinguono invece i costumi. Seppur di foggia molto classica e ispirati alla moda di fine Settecento, erano infatti arricchiti da applicazioni di tessuti colorati con tagli fortemente geometrici, che contribuirono all’impatto visivo delle danze di gruppo.

Nel 1920, con la produzione del balletto Pulcinella, con musiche di Igor Stravinsky e coreografia di Léonide Massine, Picasso poté portare sulle scene il suo interesse per la commedia dell’arte. Dal momento che Diaghilev aveva bocciato la sua idea originaria di adottare abiti in stile “Secondo Impero”, si rivolse ai costumi tipici del teatro popolare napoletano. Anche nel corso della creazione delle scene dovette dibattere lungamente con l’impresario russo: nacque infine un fondale cubista con colori freddi che raffigurava un piccolo gruppo di case racchiuso in una cornice di cielo stellato.

Dopo aver disegnato costumi tradizionali per le danze andaluse di Cuadro Flamenco (1921), nel 1924 Picasso collaborò alla realizzazione di Mercure, ma questa volta per le Soirées de Paris del ricco magnate Étienne de Beaumont. Il “tradimento” irritò Diaghilev al punto da spingerlo a comprare il balletto per poi metterlo in scena nel 1927. In Mercure il cubismo di Picasso si fa più fluido e curvilineo. Il sipario rappresenta un Arlecchino bianco intento all’accordatura della chitarra e un Pierrot rosso con violino. Le forme sono avviluppate in un unico andamento curvilineo che suggerisce un senso di continuità e dinamismo. La stessa cifra stilistica anima le scene, ricche di strutture curve e mobili. Alcuni surrealisti, intervenuti alla prima per fischiare le musiche di Eric Satie, dovettero arrendersi alla grandezza del lavoro di Picasso.

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L’addio ai Ballets Russes

Nel 1924 l’artista aveva fornito il sipario per Le train bleu, ma si trattava solo di un ingrandimento di un dipinto da lui precedentemente realizzato. In quell’anno il pittore prese le distanze dai Ballets Russes, mentre anche il suo matrimonio con la ballerina russa Olga Koklova, che aveva conosciuto proprio collaborando con la Compagnia, entrò in crisi.

Successivamente Picasso avrà modo di tornare ad avvicinarsi al teatro a al balletto per Le rendez-vous (1945) di Roland Petit e per alcuni progetti dell’amico Serge Lifar.

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Le train bleu: un ritratto ironico della moda balneare

Il “Train bleu” era un lussuoso treno espresso, in servizio tra il 1922 e il 1938, che partiva da Calais, passava per Parigi e giungeva sulla riviera francese. Sul convoglio viaggiavano ricchi londinesi e parigini diretti alla Costa Azzurra, prestigioso luogo di ritrovo di una certa società cosmopolita, vacua e snob, attratta dal turismo balneare.

Il balletto omonimo nacque da un’idea di Jean Cocteau, che voleva raccontare con ironia e disincanto gli sport alla moda – nuoto, tennis e golf – e i frivoli comportamenti di alcuni eccentrici frequentatori delle spiagge. Lo spunto piacque a Diaghilev, che commissionò a Darius Milhaud una musica brillante e moderna, adatta ai giovani. Il compositore si mise all’opera con solerzia e concluse la partitura in soli venti giorni, con grande soddisfazione di Cocteau e di Bronislava Nijinska. Sorella del grande Vaslav, quest’ultima (1891-1972) aveva ripreso a collaborare con i Ballets Russes all’inizio degli anni Venti, divenendone anche la coreografa principale.

Le scene furono affidate al francese Henri Laurens, scultore e illustratore cubista, mentre a Gabrielle “Coco” Chanel, già affermata stilista, Diaghilev chiese di disegnare la vera moda sportiva del tempo: i costumi da bagno, le maglie a righe da golf e le tenute da tennis. Per il sipario fu utilizzato un ingrandimento di Due donne che corrono sulla spiaggia (La corsa), un dipinto realizzato nel 1922 da Pablo Picasso.

Il debutto del balletto avvenne il 20 giugno 1924 al Thêàtre des Champs-Elysées di Parigi; per sottolinearne l’aspetto frivolo, fu presentato come una opérette dansée. Lo spettacolo fu il trampolino di lancio per un danzatore acrobatico, il ballerino britannico Anton Dolin, appena ventenne e destinato a una grande carriera, che si esibiva nel ruolo del Bel Giovane. Oltre a Dolin, nel cast figuravano Lydia Sokolova (Perlouse), Léon Woizikovsky (il golfista) e la stessa Nijinska (la campionessa di tennis).

Le train bleu, che per la forte originalità non riscosse particolari consensi da parte del pubblico, ebbe anche un destino singolarmente breve. Il balletto era stato infatti impostato soprattutto sulle capacità tecniche del protagonista; quando il giovane artista inglese lasciò la compagnia, Diaghilev non trovò nessuno in grado di sostituirlo.

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Il cappello a tre punte: tutto il fascino della hispanidad

L’incontro fra i Ballets Russes e la Spagna è legato ai difficili anni del primo conflitto mondiale. Nel 1917 la Compagnia aveva trovato rifugio e maggiori possibilità di lavoro proprio nel paese di Picasso; a Siviglia e Granada era entrata anche in contatto con Félix Fernández Garcia, ballerino di grande classe, che insegnò a Léonide Massine il flamenco e altre danze spagnole.

L’idea di creare un balletto di ambientazione spagnola nacque in quello stesso anno, quando il compositore Maniel de Falla invitò Diaghilev e Massine a una rappresentazione della pantomima El corregidor y la molinera di Gregorio Martinez Sierra, per la quale aveva scritto le musiche. Si trattava dell’adattamento scenico di El sombrero de tres picos, una popolare novella di Pedro-Antonio de Alarcón (1833-1891). Diaghilev trovò la pièce affascinante e chiese a de Falla di rivedere la partitura per farne un balletto. Il compositore accettò. Tuttavia, fu solo al termine della guerra, quando le attività artistiche poterono riprendere con regolarità, che Il cappello a tre punte riuscì ad andare in scena, anche se non mancarono difficoltà di altro genere: la Sokolova rinunciò al ruolo della protagonista e subentrò Tamara Karsavina; Picasso dovette realizzare ben quattro progetti prima di trovare la giusta soluzione scenica; de Falla discusse a lungo con Diaghilev sulla necessità o meno di mantenere in partitura una breve citazione dalla Quinta di Beethoven. E, ancora, ci fu il caso Fernández: l’artista aveva sperato di potersi esibire nel ruolo del mugnaio,  ma Massine riservò a se stesso la parte. La forte delusione fece entrare il ballerino in una crisi profonda, che contribuì probabilmente ad accentuare i disturbi mentali di cui soffriva e che l’avrebbero poi condotto a trascorrere gli ultimi anni di vita in un manicomio inglese.

Il cappello a tre punte fu rappresentato per la prima volta al Teatro Alhambra di Londra il 22 luglio 1919. Oltre alla scenografia, Picasso curò anche i costumi. Il cast era composto da Léonide Massine (il mugnaio), Tamara Karsavina (la moglie) e Léon Woizikovsky (il governatore). La coreografia era dello stesso Massine.

Lo spettacolo non può essere definito folcloristico, ma piuttosto una geniale rappresentazione delle emozioni e dei colori iberici. Secondo le parole dello stesso Massine, la creazione del balletto «iniziò come un tentativo di sintesi tra le danze popolari spagnole e le tecniche classiche, ma finì col divenire un’interpretazione coreografica del temperamento e del modo di vivere degli spagnoli».

Il successo fu trionfale: il pubblico si appassionò alle nacchere e agli “olé” che accompagnavano l’apertura del sipario, apprezzò le calde composizioni di de Falla e seguì con particolare partecipazione le danze più coinvolgenti: il fandango della mugnaia, la farruca del mugnaio e la jota finale.

Il cappello a tre punte è ancora oggi uno spettacolo fresco ed eccitante, elegantemente costruito e coreograficamente impeccabile. Nella sua forma originale ha avuto innumerevoli riprese. Lo stesso Massine lo portò in decine di teatri, e i due figli Lorca e Tania, presentandolo in successive occasioni, hanno contribuito alla durata del suo successo.

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Curiosità

Cocteau, un genio poliedrico

Jean Cocteau (1889-1963) è stato uno degli intellettuali più attivi del Novecento: maestro del gusto e del pensiero, si è espresso con successo in quasi tutti i generi dell’arte. Pittore, illustratore, poeta, romanziere, drammaturgo e regista cinematografico, fu l’animatore della Parigi dei primi decenni del XX secolo. Prese parte ai movimenti d’avanguardia, fornendo idee e testi al teatro e affrontando con forza e acutezza ogni problematica della società moderna.

Autore di capolavori come il romanzo Les enfants terribles, di opere teatrali quali Orfeo ed Edipo re e di numerose raccolte di poesia, ha diretto per il cinema, fra l’altro, Le sang d’un poète. Nell’ambito della danza, fu a fianco di Diaghilev e dei Ballets Russes, collaborando alla realizzazione de Le Dieu bleu (1912), Parade (1917) e Le train bleu (1924) e offrendo all’impresario continui spunti e consigli. Suoi sono anche i libretti de Les mariés de la Tour Eiffel (1921) per i Ballets Suédois, de Le jeune homme et la mort (1946) di Roland Petit e di Phèdre (1950) di Serge Lifar.

Con i suoi disegni, le caricature e i manifesti ha immortalato con tratto inconfondibile i protagonisti delle stagioni dei Ballets Russes.

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Milhaud, il primato della melodia

Geniale e famoso protagonista della musica francese, Darius Milhaud (1892-1974), dopo aver vissuto per tre anni a Rio de Janeiro come segretario dell’ambasciatore francese, il poeta Paul Claudel, nel 1918 entrò a far parte del “Gruppo dei Sei”, un cenacolo di compositori che, sotto la guida estetica di Jean Cocteau, erano accomunati dall’avversione al wagnerismo e all’impressionismo di Debussy. Dal 1940 al 1947 insegnò negli Stati Uniti, dove si era trasferito per sfuggire alle persecuzioni razziali; al suo ritorno in patria, ottenne la cattedra di composizione presso il Conservatorio di Parigi.

Milhaud sostenne la possibilità di far convivere ogni tipo di musica, quella colta come la canzone, sotto il comune denominatore della melodia: quel «tema che ognuno ricorda e che può cantare e fischiettare».

La sua vasta opera, in cui si unirono le esperienze delle avanguardie del primo Novecento e gli interessi per il folclore sudamericano e il jazz, spazia in ogni forma musicale. Tra le sue creazioni più note si segnalano, oltre ai balletti Il bue sul tetto (1919) e La creazione del mondo (1923), l’opera David, Saudades do Brasil, Suite provenzale, la Sinfonia n. 3 e il Concertino di primavera.

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De Falla, tra folclore e melodramma

Nato a Cadice nel 1876, Manuel de Falla iniziò a studiare musica a diciassette anni e colse il suo primo successo nel 1905, quando vinse il premio dell’Accademia delle Arti con l’opera La vida breve, in cui riuscì a far convivere con maestria lo stile andaluso e la tradizione del melodramma europeo.

Apprezzato pianista, nel 1907 si trasferì a Parigi, dove strinse amicizia con musicisti quali Débussy, Ravel e Albéniz. Tornato in Spagna allo scoppio della Grande Guerra, si stabilì a Granada, terra che gli ispirò i lavori che lo resero famoso: Le notti nei giardini di Spagna (1909-15) per pianoforte e orchestra, e i balletti L’amore stregone (1915) e Il cappello a tre punte (1919). Nel 1928 iniziò a dedicarsi a un progetto ambizioso: l’opera Atlántida, basata sull’omonimo poema mitologico di Jacint Verdaguer. Rimasto incompiuto, il lavoro sarebbe stato poi concluso da E. Halffter nel 1962.

Ostile alla dittatura franchista, il compositore lasciò la Spagna e si trasferì in Argentina nel 1939, dove morì nel 1946.

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Massine e i primi balletti sinfonici

Léonide Massine, nome francesizzato di Leonid Fiodorovic Mjasin, nacque a Mosca nel 1896 e morì a Colonia nel 1979. Formatosi alla Scuola di Ballo del Bolscioi di Mosca, venne scritturato da Sergei Diaghilev nel 1913 e debuttò l’anno successivo come protagonista ne La leggenda di Giuseppe di Michail Fokin.

La sua prima creazione coreografica, Le soleil de nuit (1915), fu accolta come un’autentica rivelazione. Da allora e fino al 1921 fu interprete e coautore principale di molti lavori dei Ballets Russes, con cui riprese a collaborare dal 1925 al 1928, anni in cui dovette reggere la concorrenza del giovane, ma già molto amato, George Balanchine. Massine seppe ampliare gli orizzonti del complesso indirizzandolo verso la corrente del teatro surrealista (Parade, 1917), la commedia (La boutique fantasque, 1919), lo stile spagnolo (Il cappello a tre punte, 1919) e il costruttivismo (Pas d’acier, 1927).

Conclusa l’esperienza dei Ballets Russes, l’artista proseguì la sua straordinaria carriera allestendo numerose nuove produzioni nei più importanti teatri degli Stati Uniti e d’Europa. Il suo contributo più alto alla storia della danza è da individuare nella creazione dei primi balletti sinfonici, coreografie costruite su partiture composte originariamente per l’esecuzione strumentale. Nel 1933 presentò Présages, sulla Sinfonia n. 5 di Ciaikovsky, e tre anni dopo creò sull’omonima e celebre musica di Berlioz, Symphonie fantastique.

Dopo di lui, quasi tutti i maggiori coreografi hanno allestito balletti sinfonici; in questo genere hanno primeggiato soprattutto Maurice Béjart e John Neumeier.

(foto dal web)

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