Il padiglione d'oro

… è sempre un qualche meraviglioso silenzio che porge alla vita il minuscolo o enorme boato di ciò che poi diventerà inamovibile ricordo … (A. Baricco)

“Il lago dei cigni”: una storia d’amore sospesa tra sogno e realtà – Dalla creazione alla messa in scena: revisioni e curiosità

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Definito da molti “il balletto dei balletti”, racchiude in sé eleganza e fantasia, virtuosismo e romanticismo, e sa innalzare una grande fiaba amorosa ai vertici più elevati della tecnica e dell’espressione.
Lo spettacolo espone i due temi fondamentali della danza ottocentesca: la realtà e il sogno. Le scene ambientate nel castello narrano infatti la storia di un giovane principe in preda ai dubbi dell’amore; le altre – che si svolgono in un luogo magico e misterioso – evocano invece la purezza e i dolori di figure innocenti dominate da un potere malefico.
Punto d’arrivo di uno stile aereo, fatto di vaporosi tutù, agili punte e vivaci ritmi popolari, Il lago dei cigni è anche il più completo omaggio alla bravura della prima ballerina, chiamata a essere di volta in volta simbolo di estrema dolcezza o di assoluta malvagità.
Nella sua geniale semplicità e sorretto dalla grande musica di Čajkovskij, è un balletto che seduce anche chi si accosta per la prima volta al mondo della danza.

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Pierina Legnani ne Il lago dei cigni

La tormentata storia di un capolavoro

Il lago dei cigni – nella versione in cui oggi lo conosciamo – andò in scena per la prima volta il 15 gennaio 1895 al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo.
Mettiamoci nei panni del cronista del tempo. In quella gelida sera d’inverso si affollano agli ingressi gentiluomini e dame elegantissime; la corte è presente con tanti personaggi importanti: granduchi, banchieri e generali fanno corona alla famiglia imperiale; non mancano artisti e scrittori, musicisti celebri e neppure i grandi proprietari terrieri.
La scena è come sempre sfavillante, in ossequio alla tradizione dello sfarzoso teatro imperiale.
La serata – organizzata in onore di Čajkovskij, il celebre autore delle musiche scomparso nel 1893 – si trasforma in un affettuoso omaggio.
Al termine dello spettacolo il pubblico convenuto al Mariinsky è entusiasta e acclama con caloroso affetto la protagonista del balletto, la ventisettenne milanese Pierina Legnani, stella incontrastata della scena russa dell’epoca, il coreografo Marius Petipa, il suo aiutante Lev Ivanov e il direttore d’orchestra Riccardo Drigo: in quell’allestimento si era raggiunto il livello più alto dell’espressione, della tecnica, della musicalità.stella_glitter_natale

Dalla creazione al debutto

La storia di questo capolavoro del balletto non era stata semplice e lineare, ma lunga e tormentata.
Per raccontarla è necessario compiere un salto a ritroso nel tempo, abbandonare le nevi e l’ambiente artistico della capitale dell’impero zarista e trasferirsi a Mosca nel 1871.
Čajkovskij ha poco più di trent’anni e gode già di una buona reputazione in tutta Europa. Viaggia, intreccia rapporti d’amicizia con altri compositori e ha ascoltato le opere di Wagner, in particolare il Lohengrin, la saga del cavaliere del cigno.
Proprio in quell’anno, per rallegrare i nipoti, viene sollecitato ad organizzare nella casa di famiglia un piccolo spettacolo danzato e cantato; sceglie di ispirarsi a un’antica fiaba di origine tedesca in cui, tra gli altri personaggi, compare anche la figura di un cigno.
Čajkovskij ricorderà certamente quell’evento che aveva tanto divertito i piccoli spettatori quando, nell’estate del 1875, il Teatro Bol’šoj di Mosca gli commissiona le musiche per un nuovo balletto: Il lago dei cigni. Il musicista vi si applica subito con entusiasmo e il 10 aprile 1876 consegna la partitura completa.
Il libretto era stato redatto da Vladimir Beghiscev, sovrintendente dei Teatri Imperiali, e dal mimo-ballerino Vasil Geltzer, due personaggi piuttosto modesti.
Certo, la musica composta da Čajkovskij era molto bella, ricca di fascino e di colore, ma il direttore d’orchestra del Teatro Bol’šoj, il maestro Stepan Rjabov, la giudica subito “troppo sinfonica”.
Durante le prove emergono altre difficoltà: i ballerini richiedono ritmi più semplici e passaggi di bravura.
Trovandosi di fronte a una situazione di non facile soluzione, il coreografo austriaco Julius Reisinger accetta che un terzo della musica originale di Čajkovskj venga sostituito da brani più “facili” di Cesare Pugni, compositore fecondissimo e alla moda. La parte della principessa-cigno è infine affidata a Pelagia Karpakova, una ballerina priva di doti interpretative.

La prima del balletto, nel 1877

Il balletto andò in scena il 4 marzo 1877 e fu accolto con grande freddezza. Poche repliche e scarso interesse del pubblico: un fiasco.
Né andò meglio nel 1880 e nel 1882, quando Il lago dei cigni venne ripreso da un coreografo di maggior prestigio, Joseph Hansen, un artista belga che sarebbe poi divenuto direttore del corpo di ballo dell’Opéra di Parigi.
Čajkovskij aveva preteso troppo dall’ambiente teatrale moscovita.stella_glitter_natale

Petipa e la rinascita del balletto

Negli anni successivi alla sfortunata prima, mentre il musicista russa continuava a comporre opere mirabili, quali Eugenio Onegin, la Quarta Sinfonia e il Concerto per violino, al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo il coreografo di origine francese Marius Petipa, la massima autorità allora riconosciuta nel mondo della danza, stava progettando una radicale riforma del balletto.
Il grande maestro transalpino, all’epoca già sessantenne, aveva deciso di puntare, oltre che sulla scelta di argomenti più coinvolgenti e su una più attenta cura degli allestimenti, sull’elevata qualità della musica.
Per oltre mezzo secolo, infatti, le partiture scritte per la danza erano prevalentemente opera di compositori di grande professionalità ma scarsa genialità.
Fu proprio con questo intento che nel 1886 contattò Čajkovskij.
Animato dal desiderio di riprendersi una rivincita dopo l’insuccesso de Il lago dei cigni, il musicista accettò immediatamente la proposta di collaborazione. Da questo sodalizio artistico, in cui Petipa fece valere il suo gusto e la competenza drammaturgica acquisita nel corso della lunga esperienza in teatro, nacquero La bella addormentata (1890) e Lo schiaccianoci (1892), accolti trionfalmente dal pubblico.stella_glitter_natale

La ripresa de Il lago dei cigni

Nel 1893, convinto che l’insuccesso moscovita non fosse da ricondurre alla musica ma all’allestimento approssimativo e all’infelice scelta degli interpreti, Petipa prese la decisione di ristudiare e riproporre anche Il lago dei cigni, ottenendo l’immediata autorizzazione di Vsevolovsky, il direttore dei Teatri Imperiali.
Čajkovskij era allora impegnato in due tournée, una in Europa e l’altra negli Stati Uniti. Al suo ritorno in patria con laurea honoris causa assegnatagli dall’Università di Cambridge, fu molto felice di apprendere la notizia: il nuovo allestimento avrebbe potuto portare al successo quella partitura che gli era sempre stata tanto cara.
La vita pareva sorridere al grande compositore, ormai famoso in ogni angolo del mondo.
Il 28 ottobre 1893 diresse a San Pietroburgo il suo capolavoro sinfonico, la Sesta Sinfonia (Patetica), molto apprezzata dal pubblico.
Nove giorni dopo morì. Il destino non gli concesse il tempo necessario per poter assistere al nuovo allestimento de Il lago dei cigni.
I preparativi al Mariinsky proseguirono comunque con fervore: Petipa e il suo collaboratore Ivanov, con l’aiuto di Riccardo Drigo e del fratello di Čajkovskij, Modest, scrittore e autore dei libretti delle sue opere più famose (Eugenio Onegin e La dama di picche), armonizzarono la struttura narrativa apportandovi le necessarie modifiche: riordinarono le sequenze musicali secondo più giuste esigenze drammaturgiche e perfezionarono il ruolo di Odile, che divenne il cigno “nero”, ambiguo antagonista del cigno bianco.
Grazie all’impegno di quegli artisti il più grande balletto romantico è entrato nella storia.stella_glitter_natale

Uno spettacolo superbo

Ma torniamo alla serata della prima, il 15 gennaio 1895.
L’allestimento del Mariinsky fu all’altezza della grande fama del Teatro Imperiale. Scenografie e costumi di notevole bellezza ed eleganza, creati da Ivan Andreev, Mikhail Botciarov e Henryk Levogt, orchestra brillante, interpretazione mirabile da parte della diva italiana Pierina Legnani e del primo ballerino Pavel Gerdt.
Nella parte della regina madre danzava Giuseppina Cecchetti, mentre il malvagio Rothbart era interpretato dal mimo Alexis Bulgakov.
Circa un anno prima, il 17 e il 22 febbraio 1894, in due serate dedicate alla memoria di Čajkovskij, era già stato rappresentato il solo secondo atto del balletto con la coreografia di Ivanov: un primo passo verso l’edizione definitiva del 1895.
L’allestimento di Petipa e Ivanov restò in programma nella versione originale fino al 1933; successivamente venne rielaborato da Agrippina Vaganova e, nel 1945, da Fiodor Lopuchov.
Nel 1950 Konstantin Sergeyev ha dato a Il lago dei cigni la sua versione definitiva, ancora rappresentata al Mariinsky.

Il lago dei cigni al Teatro alla Scala, 2007, con Svetlana Zakharova e Roberto Bolle

A Mosca il balletto arrivò nel 1901, sotto la direzione di uno dei migliori allievi di Marius Petipa, Alexandr Gorsky; nel 1969 Juri Grigorovich propose una nuova versione per il Bol’šoj, anch’essa rimasta fino ad oggi in repertorio.
Un’ulteriore rielaborazione, seppur di minore rilevanza, fu quella realizzata da Vladimir Bourmeister nel 1953 e ripresentata poi all’Opéra di Parigi nel 1960 e, infine, nel dicembre 2007 alla Scala di Milano.stella_glitter_natale

La fortuna nel Novecento

Nei primi anni del XX secolo, i venti di crisi che soffiavano sul morente impero zarista e l’aumentato interesse per il balletto da parte di nazioni come l’Inghilterra e l’America provocarono un massiccio esodo di artisti russi.
Si formarono così piccole compagnie che avevano bisogno di balletti brevi e non più a serata intera.
Alcune étoile, tra le quali spiccava Anna Pavlova, iniziarono a proporre singoli brani tratti dai grandi capolavori, soprattutto i pas de deux romantici, gli atti bianchi de Il lago dei cigni e il terzo atto de La bella addormentata, quintessenza della scuola classica.
Alla fine della Prima guerra mondiale, la rinascita dei corpi di ballo statali in Unione Sovietica riportò alla luce il grande repertorio romantico e Il lago dei cigni ritrovò il posto che spetta ai capolavori.
Oggi tutti i maggiori teatri – in Russia come in ogni altra parte del mondo – hanno in repertorio questo fondamentale titolo di danza che costituisce un importante banco di prova per le più famose ballerine.stella_glitter_natale

La versione di Nureyev

Una fondamentale pagina della storia de Il lago dei cigni è stata scritta da Rudolf Nureyev.
Quando, nel 1961, fuggì in Occidente lasciando il Kirov di Leningrado, percepì che nel pubblico stavano crescendo esigenze di approfondimento dei testi.
Il ballerino e coreografo russo pensò che fosse necessario conferire un maggiore spessore psicologico ai personaggi per renderli più attuali e credibili.
Il suo Sigfrido divenne così un ragazzo tormentato, pieno di profondi dubbi e paure, un giovane in aperto contrasto con la madre e la corte.stella_glitter_natale

Modernità e provocazione

I coreografi di formazione moderna hanno perlopiù rifiutato il romanticismo e la scuola accademica. Talvolta hanno però ceduto alla tentazione di confrontarsi con i grandi classici, con esiti spesso interessanti.
L’identificazione dell’amletico Sigfrido con l’infelice Ludovico II di Baviera (il protettore di Wagner, tragicamente annegato nel lago di Starnberg nel 1886) è alla base della versione che John Neumeier ha creato nel 1976 per il Balletto di Amburgo.
Il coreografo e regista svedese Mats Ek ha affrontato Il lago dei cigni nel 1987 con grande impegno morale. La regina madre è possessiva, sensuale, dominatrice; Sigfrido è tanto debole quanto la donna è violenta e tra i due si stabilisce un rapporto ambiguo.

La versione di Matthew Bourne (ph. Stefano Giani)

L’inglese Matthew Bourne nel 1995 costruì una versione sottilmente equivoca e provocatoria: il debole principe, vittima del potere materno e politico (vi si sono trovate allusioni alla corte d’Inghilterra), incontra il cigno bianco che è in realtà un uomo… Visione gay della favola, col cigno nero vestito in cuoio che seduce la regina e il ragazzo che impazzisce in mezzo a cigni crudeli.
Un’ulteriore lettura del balletto è stata proposta nel 2006 dal canadese Edouard Lock. Il capolavoro è rivisto in chiave borghese; lo scenario, in bianco e nero, riprende atmosfere da locale notturno.stella_glitter_natale

Curiosità

Pëtr Il’ič Čajkovskij
Pëtr Il’ič Čajkovskij nacque il 7 maggio 1840 a Votkinsk, un centro minerario dove il padre ingegnere dirigeva una fabbrica.
La madre, nobildonna di origine francese, era una dotata musicista dilettante; fu lei a impartire a Pëtr le prime lezioni di pianoforte.
Il giovane compì gli studi di diritto a San Pietroburgo, ottenendo nel 1859 un sicuro impiego al ministero della Giustizia. Ma l’amore per la musica prese presto il sopravvento: ventitreenne entrò al conservatorio della capitale e, dopo soli tre anni di preparazione, divenne insegnante di composizione a Mosca.
I suoi lavori giovanili – le prime tre sinfonie, oggi ampiamente rivalutate dalla critica, e diverse musiche da camera e di scena – gli diedero ampia notorietà, ma non ancora la meritata gloria che avrebbe ottenuto solo molti anni più tardi.
Nel 1876, poco dopo aver concluso la stesura della partitura de Il lago dei cigni, ricevette la prima attestazione di stima da Nadejda von Meck, la facoltosa vedova che divenne per oltre dieci anni la sua mecenate.
La Quarta Sinfonia, il Capriccio italiano, l’opera Eugenio Onegin, l’Ouverture 1812, i concerti per pianoforte e violino rappresentarono segnali assai eloquenti della sua assoluta grandezza artistica.
A partire dalla metà degli anni Ottanta dell’Ottocento, Čajkovskij compose numerosi altri capolavori, tra i quali si distinguono il poema sinfonico Manfred, l’opera La dama di picche, la Quinta Sinfonia e gli ultimi due balletti.
Il 28 ottobre 1893 diresse a San Pietroburgo la prima esecuzione della Sesta Sinfonia.
Nove giorni dopo, all’apice della sua carriera di compositore e direttore d’orchestra, moriva di colera.

Petipa e Ivanov, una collaborazione proficua
Nato a Marsiglia nel 1818, Marius Petipa debuttò ancora adolescente sulla scena del Teatro de la Monnaie di Bruxelles.
Nel 1847, dopo aver lavorato in vari teatri europei, si trasferì in Russia dove divenne primo ballerino del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo e acquisì rapidamente una grande reputazione come maître de ballet e coreografo.
In oltre mezzo secolo di attività fece del balletto uno spettacolo alla moda, offrendo al pubblico la suprema eleganza del romanticismo, il gusto dell’avventura esotica, il sapore delle belle favole.
I suoi primi successi furono La figlia del faraone e Don Chisciotte, cui seguirono titoli come La Bayadère, Il corsaro, Paquita, La Camargo.
In collaborazione con Čajkovskij realizzò La bella addormentata (1890) e Il lago dei cigni (1895), affidando invece Lo schiaccianoci al devoto collaboratore Ivanov.
In seguito, su musiche di Alexandre Glazunov, curò l’allestimento di Raymonda (1898) e de Le stagioni (1900).
Lasciato il Mariinsky nei primi anni del nuovo secolo, si spense a Gurzuf nel 1910 circondato dall’affetto di tutto il mondo artistico russo.
Nato a Mosca nel 1834, Lev Ivanovič Ivanov è stato il primo coreografo di origine russa.
Assistente di Petipa, restò al suo fianco per tutta la vita.
Ha realizzato Lo schiaccianoci di Čajkovskij e ha ideato gli atti bianchi de Il lago dei cigni.
Autore di altre coreografie meno fortunate, si spense nel 1901 a San Pietroburgo mentre stava allestendo una nuova versione della Sylvia del compositore transalpino Léo Delibes.

3 commenti su ““Il lago dei cigni”: una storia d’amore sospesa tra sogno e realtà – Dalla creazione alla messa in scena: revisioni e curiosità

  1. Claudio Capriolo
    settembre 24, 2018

    Molto ben ricostruita, la storia di questo capolavoro 🙂
    Aggiungerei solo una piccola curiosità, e cioè che Riccardo Drigo ritoccò qua e là la partitura ciaikovskiana, aggiungendovi alcune orchestrazioni, da lui stesso realizzate, di brevi brani pianistici del musicista russo, come per esempio questa delicata Valse bluette:

    inserita nel IV atto.
    Buona continuazione!

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