… è sempre un qualche meraviglioso silenzio che porge alla vita il minuscolo o enorme boato di ciò che poi diventerà inamovibile ricordo … (A. Baricco)
Oltre 220 opere fra gouaches, disegni, dipinti: è un’autobiografia per immagini quella che Palazzo Reale dedica a Marc Chagall, uno degli artisti più visionari e sognatori del secolo scorso. Dipingeva acrobati, innamorati nei cieli sopra i tetti delle città, asini e mucche volanti, non giochi ma opere pregne di simbolismo.
Imperdibile, in questo caso, non è un aggettivo retorico, di quelli usati e abusati per ogni evento di qualunque genere. Questa esposizione è davvero da non perdere, sia per chi ama l’arte sia per chi visita le mostre più pubblicizzate per poi raccontarle agli amici.
E’ davvero splendida, molto ampia ed esaustiva. Ho visto altre mostre dedicate a Chagall ma, pur non apprezzando particolarmente il suo stile, devo dire che questa è l’unica che me lo ha fatto amare per i significati profondi che egli diede alle sue opere e che vanno ben oltre i sogni e le favole che sembrano raccontare.
Sala dopo sala viene esplorato tutto l’universo del pittore russo, a partire dagli esordi, attraverso la guerra sino all’universale riconoscimento del suo genio.
Leggendo le informazioni esplicative che illustrano ogni sezione del percorso, ho individuato alcuni capisaldi della vita e dell’arte di Chagall.
Innanzitutto i rapporti fra l’anima russa e l’anima europea, che lo ha portato, per volontà propria o per cause di forza maggiore, a spostarsi dalla sua amata Vitebsk. Dopo aver studiato a San Pietroburgo nell’atelier di Bakst, egli parte per Parigi, dove scopre il linguaggio delle Avanguardie, ne assorbe l’essenza le a rielabora alla luce delle immagini che gli provengono dalla tradizione popolare russa ed ebraica.
Rientrato a Vitebsk nel 1914 per sposare Bella, non può più tornare a Parigi per lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Ora l’oggetto dei suoi quadri sono la casa natale e la famiglia, ma soprattutto Bella, spesso rappresentata in coppie di amanti, come in Il compleanno, i cui colori vivaci esprimono la gioia dell’amore.
Degli stessi anni è il ritratto del fratello morto precocemente, David con mandolino, un’opera non gioiosa: i colori sono freddi (grigio-azzurro) con macchie di bianco e il cartone di base che si intravede qua e là, a sottolineare il contrasto tra la vita e la morte.
Chagall è un’anima irrequieta. Nel 1922 sceglie di lasciare la patria e si sposta a Berlino: è un momento importante di riflessione su se stesso e sulla propria cultura. Ad appena 30 anni decide di scrivere la propria autobiografia attraverso una serie di venti incisioni in puntasecca e acquaforte (tutte in mostra) nelle quali rappresenta scene di vita quotidiana. Nasce così Ma vie. Solo nel 1931 le illustrazioni verranno pubblicate insieme ad un testo, in un’edizione francese tradotta da Bella.
Nel 1923, invitato dal poeta Blaise Cendrars, Chagall rientra a Parigi, dove riscopre il paesaggio francese, la sua luce e vegetazione, che egli riesce a rendere con grande libertà. E’ l’epoca dei paesaggi radiosi, bagnati di luce trasparente e punteggiati di fiori.
Tuttavia lo spettro del nazismo si sta espandendo. In Nudo sopra Vitebsk egli dipinge una figura di donna nuda, di stampo prettamente classico, che incombe inquietante sulla città. I fiori, spesso simbolo di gioia, qui rappresentano invece il periodo di decadenza e (forse) del sangue sparso per la guerra.
Un altro tema fondamentale che guida molta parte della produzione di Chagall e che costituisce la sua immagine emblematica è quello dell’amore.
Innanzitutto l’amore per la prima moglie, Bella, sua compagna nelle peregrinazioni in Europa e nell’affrontare il dramma di due guerre. Poi Vava, che sposò dopo la morte di Bella e che condivise i momenti sereni dell’ultima parte della sua vita.
La figura di Bella è prevalente nei capolavori del periodo russo che, apparentemente realisti nella resa pittorica, narrano in modo onirico un amore realizzato e una vita domestica che irradia una silenziosa felicità.
Gioiosi, sereni e pieni d’amore sono Gli amanti blu e il famosissimo La passeggiata , dove è evidente il senso di leggerezza e felicità data dall’amore: Bella è in volo, ma tenuta saldamente dall’uomo che ama e la ama, il verde riposante e morbido delle colline travolge anche le case, la coperta è a fiori colorati e c’è un bicchiere di vino, simbolo dell’ebbrezza dell’amore.
Con la nuova moglie Vava, Chagall trova una rinnovata creatività e un nuovo dinamismo, sperimentando nuove tecniche e materiali. Dopo gli anni Cinquanta, inoltre, la sua arte viene universalmente riconosciuta e molti musei gli dedicano mostre retrospettive (ad esempio il MoMA di New York).
Un altro aspetto che questa mostra ha messo in evidenza è la presenza in quasi tutta la produzione di Chagall della sua anima ebraica e della sua simbologia. Egli infatti per tutta la vita racconterà il mondo ebraico delle sue origini.
In questa sezione sono esposti grandi ritratti di vecchi ebrei, che si affiancano alle diverse versioni dell’ebreo errante in volo sopra Vitebsk, opere di profonda suggestione, anche grazie alle dettagliate spiegazioni che fanno apprezzare in modo più completo quelle che, a prima vista, sembrerebbero solo opere colorate e visionarie.
In L’ebreo in rosa un mendicante è trasformato in un vecchio saggio da cui scaturisce la potenza dello spirito profetico, in un immagine che ricorda i vecchi Rembrandt. Sullo sfondo vi sono delle iscrizioni in scrittura talmudica che descrivono, tra l’altro, l’episodio dell’esilio degli ebrei. Ma altre ancora sono i simboli presenti in questo bellissimo dipinto: il colore diverso delle mani (verde, per indicare la malattia, e bianco, che rappresenta l’illuminazione divina), oltre a vari simboli ebraici, come il calamaio o l’albero che cresce sulla terra arida.
Quindi il tema della Seconda Guerra Mondiale, lo spettro che ha terrorizzato l’Europa e che già dagli anni Venti incombeva minaccioso sul popolo ebraico. I colori di Chagall si scuriscono, le ombre aumentano e le immagini si fanno più cupe e drammatiche: compaiono effigi tragiche del Cristo crocefisso e della Madonna, accostate a quelle dell’ebreo in fuga e del rabbino che cerca di salvare i rotoli della Torah. Nel 1940 Chagall e la famiglia emigrano negli Stati Uniti. Quattro anni dopo morirà l’amata Bella.
La caduta dell’angelo-demone, che travolge tutto il mondo e tutte le certezze, è emblematico nell’ambito della raffigurazione della guerra da parte di Chagall: dipinto e “aggiornato” in varie fasi (1923-33-47), l’angelo trasformato in demone cade sulla terra, travolgendo ogni cosa e ogni simbolo ebraico.
Il guanto nero esprime, in fasi diverse, l’incombere della minaccia del male: i volti degli amanti sono due maschere e la figura del gallo, non più rassicurante, rappresenta una minaccia incombente. Il guanto nero abbandonato passa da simbolo di eleganza a residuo di un lutto.
In visione anche Apocalisse in lilla del 1945, opera riapparsa solo recentemente ed esposta solo una volta al Jewish Museum di New York nello scorso autunno. Compare per la prima volta nell’opera di Chagall il simbolo spaventoso del male assoluto e senza rimedio: la svastica.
In questo periodo Chagall probabilmente era già a conoscenza della realtà dei campi di concentramento.
Al termine della guerra, quando finalmente Chagall torna in patria dall’esilio americano, nei suoi dipinti compaiono sempre più spesso immagini di animali, simboli archetipi della cultura ebraica, come mucche, galli, asini.
Come sopravvivere durante e dopo tanto dolore? Come superare le prove che la vita, a tutti, impone? Per Chagall questa è la risposta: l’arte. L’arte è la risorsa estrema che può salvare dalla disperazione e l’arte è l’ultimo, importante filo conduttore della vita e della produzione di Chagall.
Già negli anni Venti la sua consapevolezza sociale lo aveva spinto ad impegnarsi nella rivoluzione fino ad essere eletto Commissario del Popolo a Vitebsk, dove però si scontrerà con Malevic, rappresentante dell’ala più oltranzista dell’avanguardia russa.
In questi anni Chagall si concentra su opere create per il teatro russo, esperimento che culmina nelle creazioni per il Teatro Ebraico di Mosca, per il quale realizza una serie di murali emblematici che rappresentano tutte le arti.
E poi progetti di scenografie, come per Il revisore di Gogol, una scenografia antinaturalista quasi grottesca, che trova un parallelo nella stessa visione gogoliana.
Alla fine degli stessi anni Venti risale il ciclo delle gouache dedicate alle fiabe di La Fontaine, che nasce dal fortunato incontro con l’editore e giornalista Vollard, uno degli esempi più stupefacenti dell’innovativa creatività di Chagall in questo periodo. Si realizza un perfetto connubio fra la classicità della letteratura novellistica francese e le metafore in essa contenute, particolarmente care alla cultura russa.
Nel dopoguerra Chagall torna al teatro, con le commissioni per i balletti Aleko di Rachmaninov e Uccello di fuoco di Stravinsky. Riceve inoltre commesse per monumentali opere pubbliche, affreschi, mosaici; due fra tutte: il soffitto dell’Opéra Garnier di Parigi e il murale della Metropolitan Opera del Lincoln Center di New York.
Quasi due ore sono passate da quando sono entrata a Palazzo Reale. Prima di uscire dò un ultimo sguardo alla sala che mi lascio alle spalle, con la tentazione di tornare indietro, di rientrare nel sogno. Un sogno tanto piacevole quanto inaspettato; un sogno che mi accompagnerà a lungo perché “assorbito” con gli occhi, con la mente, con il cuore.
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grazie della descrizione, una mostra davvero ricca, di opere e suggestioni
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Grazie a te della visita! È una mostra suggestiva, molto molto bella.
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ho visitato la mostra e ho gradito molto i tuoi commenti che condivido pienamente. Tanti complimenti per l’articolo e sopratutto per le belle foto che fanno rivivere l’intera mostra.
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Grazie, cara, bentornata 🙂 Hai avuto anche tu la mia stessa impressione di una mostra coinvolgente e incantevole?
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si proprio così bella, ricca di opere, suggestiva e ben commentata e poi…..ci sei tu con il resto. Prossimamente visitero’ quella di Segantini. Ciao ciao
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ti ringrazio infinitamente per la tua presentazione: sono in procinto di andare a vedere la mostra e le tue informazioni sono preziosissime. Grazie!
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Sono io che ringrazio te 🙂 Vedrai che la mostra non ti deluderà! Aspetto il tuo parere, se ti farà piacere raccontarmelo.
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Che bello, questa è una mostra che devo vedere. Per fortuna ho ancora qualche mese, chiude a febbraio.
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Ti consiglio caldamente di visitarla. E’ davvero strutturata bene e molto interessante.
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